Se volete una connessione autentica con il mondo mettetevi a leggere libri.
Un fatto ben noto ai guru miliardari del digitale: infatti nel 2010 Steve Jobs dichiarò: ” I miei figli non hanno ancora usato l’iPad. In casa, possono usare la tecnologia solo entro certi limiti”. Li proteggeva dalle sue stesse invenzioni.
Bill Gates dispensa elenchi delle sue letture di libri cartacei ai giornalisti. Mark Zuckenberg ha creato un club del libro online. La pagina si chiama A year of books.
Evan Williams, fondatore di Twitter, ha dichiarato: “Internet si è rotto, si è incamminato su un percorso buio. Una volta pensavo che il mondo sarebbe stato migliore se ognuno fosse stato libero di parlare. Mi sbagliavo”.
Nel meraviglioso libro di Daniel Pennac, Come un romanzo, (Feltrinelli) l’autore a un certo punto scrive: “Quel che abbiamo letto di più bello lo dobbiamo quasi sempre a una persona cara. Ed è a una persona cara che subito ne parleremo. Forse proprio perché la peculiarità del sentimento, come del desiderio di leggere, è il fatto di preferire. Amare vuol dire, in ultima analisi, far dono delle nostre preferenze a coloro che preferiamo. E queste preferenze condivise popolano l’invisibile cittadella della nostra libertà. Noi siamo abitati da libri e da amici”.
E non posso fare a meno di notare che il verbo preferire ha ben altro significato rispetto a quel piacere espresso dal pollice all’insù del mi piace, segno di consenso dei follower. L’etimologia di preferire infatti è portare innanzi, anteporre l’affetto, la stima.
Leggere libri è un gesto per recuperare l’intimità perduta, e aiuta a resistere. Per citare ancora Pennac: “Ogni lettura è un atto di resistenza. Di resistenza a cosa? A tutte le contingenze. Tutte: sociali, professionali, psicologiche, affettive, climatiche, familiari, domestiche, gregarie, patologiche, pecuniarie, ideologiche, culturali o narcisistiche. Una lettura ben fatta salva da tutto, compreso da se stessi.”
E allora leggiamo quel che ci pare, nel modo in cui ci va di farlo, perché leggere ci ritorna la possibilità di pensare e immaginare, per comporre il senso d’appartenenza a noi stessi che può connetterci con autenticità al mondo.